COME SVILUPPARE IL PROPRIO IO CREATIVO: ALLENAMENTI #15
Qui a Milano il primo saluto che si riceve è quasi sempre Tutto bene.
In altri posti si saluta con un Com’è.
Non sono domande, intendiamoci: sono saluti, si pronunciano con una leggera intonazione interrogativa e non richiedono risposta, esattamente come How do you do.
Io però ci ho messo un po’ a capirlo e sono stati tanti i miei soliloqui finalizzati a spiegare esattamente cosa non andava e cosa sì ad interlocutori già distratti da altro. Su Com’è, poi, avrei dei film: ci ho messo tanto a smettere di chiedere Com’è cosa.
Così, quando ho trovato la domanda Che cosa intendiamo con tutto bene nel quarto capitolo de La Via dell’artista di Julia Cameron, mi sembrava di essere pronta.
Che cosa intendiamo quindi con tutto bene?
Ognuno dovrebbe prendersi del tempo per capire se tutto bene significa provare un senso di rassegnazione oppure di consenso, se significa essere sereni, tranquilli oppure solo distaccati, insensibili. Forse intolleranti.
Dire a se stessi sto bene, va tutto bene è molte volte un modo di nascondere sentimenti complessi da esprimere, anche solo da riconoscere. L’ufficialità che diamo di noi stessi (e che gli altri, salutandoci con tutto bene, vogliono affibbiarci) è quella della neutralità, di un va tutto bene che non significa nulla.
Alla radice del recupero della creatività c’è un impegno personale a riconoscere che, spesso, non va tutto bene.
E a lavorare sulla risoluzione di questo fraintendimento, alla ricerca di un chiarimento interiore.
***
Se questo è il primo articolo che vi capita di leggere riguardo a La via dell’artista e volete seguire il percorso per il recupero della creatività, vi segnalo i post precedenti:
- la presentazione del libro e del metodo di Julia Cameron
- i due strumenti di base per percorrere la via: le tre pagine quotidiane e l’incontro con l’artista
- come recuperare la sicurezza, uscire dall’ombra e sconfiggere i propri personali killer creativi
- un esercizio utile e piacevole, da rinnovare lungo tutta la via: vite immaginarie
- del perché e del percome la creatività comporta un processo di cambiamento
- contro lo scetticismo e contro le vecchie abitudini
- dare un senso alla rabbia e farsela amica
- esercitare la propria creatività facendosi un piccolo dono: ritrovare il proprio io bambino e la stanza della propria infanzia
- imparare a coltivare l’interesse per la vita quale la si vede
- scrivere una breve storia partendo da tre parole date (ed ecco i risultati: questi i vostri racconti, questo il mio)
- sincronicità, ovvero salta e la rete apparirà
- affrontare la vergogna e le critiche
- provare a indagare, come un detective, se stessi
- l’importanza della condivisione: come creare un circolo creativo e trasformare le notti buie dell’anima in notti stellate
Gli AllenaMenti tornano lunedì 11 marzo
Sembra scritto per me! ho continuato a dire e a dirmi “tutto bene”, quando in realtà avrei fatto meglio a guardare in faccia cio’ che non andava.
Il mio tutto bene era forse di rassegnazione e di intolleranza verso me stessa.
Due sensazioni, la rassegnazione e l’intolleranza verso se stessi, che ho imparato finalmente a riconoscere.
Buona giornata, Alessandra.
Sì, mi hai fatto riflettere su quanti tutto bene dico! Per fortuna ho imparato ad approfondire quel tutto bene, quando me lo si domanda, se è un sì convinto il mio o un sì senza fondamento, come del resto è spesso quel Tutto bene? come domanda, che domanda non è.
Grazie Sandra
Sempre interessante leggerti!
🙂
Però a volte sono gli altri ad importi quel “Tutto bene”, come a dire non parliamo di quello che non va per carità. Insomma c’è molta voglia dai mantenersi sulla superficie delle cose, anzi secondo me la società incoraggia questo tipo di comunicazione e loda addirittura chi si tiene tutto dentro. Per quanto mi riguarda a casa mia si è sempre detto, in genere le donne, che non bisogna mai esternare le difficoltà, pena sentirsi etichettare come lagnosa, così come qualsiasi persona si azzardi a condividere il suo ” non va tutto bene” viene immediatamente classificata come lamentosa. Forse è da questo che viene fuori la nostara difficoltà ad ammettere prima con noi stessi e poi con gli altri una qualsiasi difficoltà.
Sono d’accordo con te: è una domanda fatta senza intenzioni, senza voler approfondire.
Benvenuta 🙂
da queste parti va di moda il ‘Si tira avanti’…
🙂
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Non solo concordo, ma trovo fondamentale ricordare che c’è una grossa differenza d’intenti e di senso tra le domande: Come va? e Come stai?.
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